domenica 28 gennaio 2018

274. IL VEGETALE BIO


Ho visto il film di Rovazzi e ve ne voglio parlare. Non è che adesso mi sono messa a fare la critica cinematografica, ogni tanto riporto qui le mie valutazioni su di un film che ho visto, perché mi piace raccontarvi un po' della mia vita, ma la megalomania da blogger arriva a ben altro, e in un mondo pieno di opinionisti senza opinioni, io mi ci butto e ci sguazzo. Così ieri pomeriggio ho accompagnato mia figlia di dieci anni a vedere il film IL VEGETALE, già sapendo che avrei trovato lo spunto per un post.
Fabio Rovazzi mi è simpatico, non è mai volgare e non è arrogante, ha lanciato tormentoni come ANDIAMO A COMANDARE e MI FAI VOLARE di una stupidità commovente. Sì, essere stupidi tra tanti intelligentoni che professano un fantomatico impegno sociale, dal quale nessuno trae beneficio, è un atto di coraggio.
Ha più personalità un Rovazzi stupido e banale che un qualsiasi altro cantante rap che crede di mostrare il proprio valore inserendo quattro parolacce nelle sue canzoni. Il film di Rovazzi non delude: è la sagra della banalità. Ho visto quello che mi aspettavo. Un film politicamente corretto, gradevole, una riflessione scontata sulla condizione di molti giovani italiani, sulle mille incertezze lavorative, sentimentali, sulle difficoltà di integrazione e sulla retorica del lieto fine: si viene sempre ripagati. Ecco, anche io ci credo, tutto torna, magari non nel giro di un anno, nel tempo di un film, ma si ottiene sempre ciò che si vuole, se lo si vuole fortemente. E non importa se per comunicare con i bambini, con gli adolescenti, si appare banali e forse anche stupidi, anzi forse un po' di sana stupidità è necessaria, che qua son pure troppi a sentirsi intelligenti. Non sono impietosa come lo sono stata con i The Jakal perché da loro mi aspetto molto di più, ed in effetti nel loro film c'erano più spunti ironici e sagaci, ma non sono emersi a sufficienza. Insomma, quello di Rovazzi è un film già visto, alla Checco Zalone (del resto il regista è lo stesso), alla Siani, buoni sentimenti, lieto fine, qualche risata (molte meno rispetto a Zalone) e tanta banalità. Tutti film che ovviamente ho visto da madre, e vi consiglio di portarci i vostri bambini perché, come mi suggeriva un uomo molto intelligente che frequento, forse è il giusto passaggio dal cartone della Disney al film più serio e sincero. Passare dal caffè zuccherato a quello amaro è ardua impresa, magari nella fase del cambiamento un po' di dolcificante ci sta bene.


domenica 7 gennaio 2018

273. NAPOLI VELATA E L'ATTESA INCANTATA


Stamattina mi sono svegliata con i tamburi, letteralmente. Il silenzio della domenica mattina è stato bruscamente interrotto dalla banda della Madonna dell'Arco! Napoli è anche questo. Ho pensato che nel film di Ozpetek che ho visto ieri sera al cinema, ci sarebbe stato bene anche questo odioso frastuono. O forse no, sarebbe stato troppo. Sì, troppo, perché nella Napoli velata di suoni ce ne sono tanti, forti, contrastanti, di musiche e di voci appassionate, di batterie invadenti e corpi ansimanti. Ma ciò che urla di più nel film è la fotografia, carica di un misticismo assordante. È la celebrazione di una città che fa sempre parlare di sé, ricca di simboli, tradizioni e misteri, piena di vita, ma anche di morte. La rappresentazione del suo lato oscuro, un po' grottesca, fa storcere il naso ad una certa borghesia locale che di partenopeo non ha quasi niente. Così, immagini forti e suggestive, ed un cast di rilievo, distolgono da una sceneggiatura debole e prevedibile. Sembrerebbe quasi che la trama sia funzionale alla fotografia. 
Insomma, dove c'è una primadonna, il resto conta poco o niente, e Napoli, ancora una volta non delude, e fa discutere di sé. 
A me il film è piaciuto, è un bello spot sulla città più ricca di contraddizioni e di eccessi, su di una Napoli che offre sempre mille spunti per far parlare di sé, che urla, si apre, si mostra a tutti, ma riesce sempre a mantenere un certo lato oscuro, misterioso. Chi nasce in questa città impara a convivere con la sua magia, chi la viene a visitare la guarda e aspetta di capire, aspetta che svanisca l'incantesimo. .. perché come ho sentito oggi nelle strade dei quartieri spagnoli: l'attesa non stut a candela. 
E allora, lasciamolo questo velo, che Napoli non sia mai banale e continui ad amare tutti i suoi figli, quelli che ci sono nati e non la conoscono e quelli che vi sono arrivati e aspettano che cada il velo.