mercoledì 31 agosto 2016

226. UNA VACANZA SOCIAL


Tra cicciottelle in costume e silhouette con i burkini, tra webeti che ammazzano in nome di un dio che non li paga, tragedie commissionate e stragi impacchettate, tra inni nazionali e uomini senza nazione, tra beneficenza e deficienza, vorrei ma non posto, posto non posto, posto non posto, posto non posto, posto, fortissimamente posto!
Viva agosto in città, viva le vacanze a luglio e settembre, viva il posticino che conosco solo io, viva le mangiate che mi sono fatto, viva tutte le sere al ristorante, viva le braciate con gli amici, viva i giri in barca e pure quelli sul pedalò, viva l'animazione che si tiene i bambini che io non li ho proprio visti, viva i lettini nightmare che ti cosentono di far rientrare la pancia così posso farmi la foto in costume ed essere figa anche in spiaggia, viva il mare, i tramonti, la musica, i tramonti, gli aperitivi in riva al mare, i tramonti, le gambe abbronzate ed i tramonti.
Viva i castelli di sabbia, non scuole di sabbia, cazzo! 
E adesso voglio vedere come andiamo a comandare.
Carichi di luoghi comuni e di luoghi in comune con troppi sconosciuti, pieni di prevedibili contraddizioni.
Forza che a noi in fondo questa vita piace, ricca di vincoli e scarsa libertà,  foriera di finte rivoluzioni e dotata di mille alibi. 
Io, intanto, vado a controllare se il mio vicino al mare ha smesso di giocare al piccolo giardiniere (post 215), se è pronto per andare a comandare dal divano della sua casa in città. Jamm bell!


giovedì 25 agosto 2016

225. UN TEMPO MIGLIORE


Quanta speculazione sulle tragedie!
Non parlo della più evidente e sfacciata corsa al guadagno, allo sciacallaggio economico, quello dei politici e degli imprenditori edili. Mi riferisco piuttosto alla spregevole e volgare corsa nella gara di apparente "umanità". Siamo tutti bravi, buoni e distrutti dal dolore, tutti pronti a cazziare chi pecca di vanità postando foto pseudo sensuali su FB in questi tristi giorni, pronti a criticare chi fa beneficenza ottusa senza pensare che i terremotati potrebbero non beneficiare mai delle nostre offerte. Tutti pronti ad accusare. I più stolti vorrebbero addirittura cacciare gli immigrati dagli alloggi per farci entrare i terremotati, come se ci fossero esseri umani di serie A ed esseri umani di serie B. Perdonatemi,  ma in questi momenti trovo davvero inopportuna qualsiasi forma di polemica, di sterile critica. L'unica riflessione intelligente e condivisibile è quella sul motivo per cui una scuola inaugurata quattro anni fa si sia miseranente sbriciolata alla prima scossa di terremoto. Per il resto, la commozione ostentata, la diffusione di immagini dolorose, i giudizi sulle varie forme di solidarietà sono espressione della più bieca forma di vanità che i social hanno provveduto a fomentare negli ultimi anni. Un po' più di umiltà farebbe bene a tutti. Ed anche la natura, magari, non si sentirebbe provocata da cotanta arroganza. 
Abbassiamo la testa e forse domani sarà un tempo migliore.




domenica 21 agosto 2016

224. LE MIE OLIMPIADI


Quanto ho imparato da queste Olimpiadi!
Innanzitutto che ho allevato in casa due campionesse di lotta libera e che ogni volta che si sono attaccate alle mie gambe spettava loro un punto, e non di sutura. 
Che se è vero che l'acqua scolpisce i corpi, rendendoli statuari,  due settimane nelle splendide acque del mare di Sicilia producono benefici che svaniscono al primo morso di cannolo.
Che la Pellegrini è diventata ansiosa ed emotiva e se glielo dici, nega facendosi salire la pressione a mille e con le lacrime agli occhi.
Che Botero ha cominciato a dipingere dopo aver assistito alle gare di tiro con l'arco.
Che la beach volley si conferma lo sport dei guardoni. 
Che Schwazer non è napoletano, ma strunz. 
Che la scherma italiana pensa sempre più a fornire concorrenti per i reality, piuttosto che a vincere. 
Che in Italia si spara bene, sotto ogni punto di vista, e qualsiasi cosa, e già lo sapevamo.
Che i cinesi fanno dichiarazioni d'amore regalando anelli pezzotti. 
Che i brasiliani sono troppo tifosi e poco sportivi.
Che l'abbraccio tra un serbo e un croato fa meno notizia del bacio tra due gay.
Che non si può guardare il nuoto sincronizzato senza pensare ad Aldo Giovanni e Giacomo.
Che una caduta può essere fatale, ma chi riesce a rialzarsi diventa imbattibile.
Che la RAI potrebbe utilizzare parte del canone per pagare nuovi e più validi telecronisti.
Che alcune discipline sono state totalmente ignorate, forse perché per noi italiani il Badminton è il ripiego dei tennisti falliti.
Che l'hockey è riuscito là dove l'Aulin ha fallito, anche se il secondo resterà a lungo dentro di noi. 


Che non capiremo mai perché dei tuffi che ci appaiono perfetti vengono apprezzati meno di quelli dei cinesi.
Che il business dell'autunno italiano, lo faranno le palestre con i corsi di pallavolo.
Che se proprio si vuole rottamare uno dei segni identificativi dell'Italia,  meglio  l'inno che la Costituzione.
Che il calcio è l'argomento più amato dagli italiani, ma solo se porta il nome di un club di serie A.

Che lo sport è bello anche se fa male, soprattutto se il divano ha più di 5 anni.



martedì 9 agosto 2016

223. DI CICCIOTTELLE E DI ALTRE STORIE

Il resto del Carlino definisce “trio delle cicciottelle” le tiratrici con l’arco italiane in gara alle Olimpiadi, e si scatena il putiferio:  i social si accaniscono contro il quotidiano, ma le campionesse non accusano. Del resto, perché dovrebbero? Ci scateniamo contro i giornalisti che esaltano i glutei di alcune atlete o la tartaruga dei nuotatori? No, e allora perché dovremmo farlo in questa occasione? Hanno scritto “cicciottelle” perché evidentemente è così che le vedono. Riflettiamoci un attimo, senza seguire la solita scia dei buonisti, e di quelli che difendono ogni “perseguitato” ponendolo loro stessi nella condizione di “diverso”.  A me non sembra offensivo, e lo dico da cicciottella. Un titolo di giornale deve essere accattivante, deve incuriosire, certo non deve mai offendere, ma ha bisogno di espressioni condivisibili. Nella folta schiera di atleti che ha sfilato durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, abbiamo potuto ammirare fisici statuari, bellezze di vario colore ed etnia, e tra questi saltavano all’occhio i pochi, rari corpi un po’ più morbidi ed in leggero sovrappeso. In un contesto come quello , un atleta con un po’ di ciccia rientra in una strettissima minoranza, ed è naturale che l’elemento distintivo diventi anche un modo per etichettarlo.  Qualcuno ha scritto che il vero errore non è nel titolo dell’articolo, ma nell’abitudine di classificare le persone in base al loro aspetto fisico. Certo, è un errore soffermarsi sull’involucro e non valutarne il contenuto, ma è anche vero che alcune caratteristiche non possono essere ignorate e sono lì a raccontare di una persona, assieme a tutto il resto ed è naturale ammettere di averle notate, non è giusto, piuttosto, che queste caratteristiche fisiche rappresentino una discriminante.
Gli atleti hanno caratteristiche che vanno ben oltre quelle espresse dal proprio corpo: tenacia, impegno, sacrificio, dedizione, e non saranno certo dei chili in più a celarne il valore.
Pochi giorni fa un amico scherzando mi ha chiamata “chiattona” e l’ha fatto pubblicamente, commentando un mio post su facebook. Conosco quest’uomo da quasi vent’anni e gli voglio bene, è pulito, onesto, leale, ed è un buono, e sapevo quando ho letto il commento che non c’era alcuno scopo offensivo, anzi. Se uno scopo c’era, era quello che contraddistingue la sua ed anche la mia ironia, andando contro gli stereotipi, contro queste mode degli opinionisti da quattro soldi che girano sui social. Li chiamo gli sciacalli dei sentimenti, quelli che speculano su ogni tragedia, su ogni disagio umano, provando sempre a commuovere il lettore. Sono i vari “personaggi pubblici” che sulle loro pagine, per diventare “social” e conquistare “mi piace”, sparano sentenze su ovvietà e luoghi comuni a oltranza. Sono quelli che un anno fa hanno postato la foto del bambino siriano sulla spiaggia, morto nel tentativo di raggiungere l’Europa. Sono quelli che qualche settimana fa hanno pubblicato l’immagine della bambina francese con la bambolina accanto, vittima della strage di Nizza. Quelli che sprecano parole per i gay, gli immigrati, i poveri del mondo,  gli ammalati, urlando frasi fatte, spesso senza cognizione di causa, senza avere alcun argomento a supporto delle proprie affermazioni. Questi stessi soggetti oggi magari insultano il direttore del Carlino.
La bellezza conta, la bellezza è importante, ma non è quantificabile attraverso  parametri univoci ed assoluti e soprattutto, non si ferma al corpo e non può e non sarà mai il solo metro di valutazione di una persona.
Mi sono tormentata per giorni sull’esito di un incontro nato per caso, ho creduto che fossero stati i miei chili di troppo a determinarne il fallimento e forse lo credo ancora. Non lo so, ma mi dispiace pensare che possa essere stato così.  Per me ogni persona che incontro è un regalo che la vita mi offre, non potrei mai fermarmi alla confezione, mi viene sempre voglia di aprirla, scartare il regalo, aprire la scatola, ammirarne il contenuto, arricchirmi di pezzi di vita altrui e, scambiare e ricambiare idee, storie ed emozioni.
A Napoli si dice “è bell ma nun abball”, per indicare le persone belle solo fisicamente, ma vuote, senza fascino, prive di personalità, ed è un’espressione che adoro perché la dice lunga su un certo modo di affrontare  la vita.

Siate belli, ballate, e cicciottelle o grissini che siate, fregatevene, voi siete molto di più, ma solo per chi vi saprà capire. Siate le “chiattone” degli amici che vi fanno sorridere e lasciate agli altri tutte le cazzate fatte di belle parole e falsi complimenti.


giovedì 4 agosto 2016

222. SE L'ATTESA DI UN POST È ESSA STESSA UN POST


Esterno giorno. Un'auto non più nuovissima, con qualche ammaccatura e leggermente rumorosa,  di un  colore indefinibile per la polvere che la ricopre, percorre strade roventi e malamente asfaltate a velocità moderata. Finestrini abbassati a fare entrare un vento caldo che scompiglia folte e dorate capigliature, le guarnizioni dei finestrini incorniciano quattro volti. Davanti, alla guida, una giovane donna ed al suo fianco un'altra un po' più matura mostrano volti arricciati dalla luce e dal vento, sui sedili posteriori due bambine confabulano tra loro. 
Tutto intorno è arsura e poche anonime costruzioni basse. Paesaggi che rievocano una tradizione cinematografica americana di fughe e libertà. La segnaletica stradale, l'edilizia ed i volti degli oriundi riportano invece ai set cinematografici nostrani di qualche decina di anni fa, quelli di De Sica e Fellini per intenderci.
Panoramica allargata.
Strisce di asfalto che tagliano campagne e tradizioni, e si tuffano in un mare dai mille colori, consentono di ammirare la bellezza e la sorprendente mutevolezza della natura. Zone incontaminate si affiancano ai centri urbani più caotici e commerciali, ma orgogliosi di un ricco e tangibile patrimonio artistico e culturale. 
Questa è la mia meravigliosa vacanza nella punta nordoccidentale della Sicilia: un rifugio per l'anima. Il resto è camminate, risate, cantate, lamenti di bambini, abbracci, pasta, cannoli, parole di conforto, confessioni, mercati, chiese, monumenti, parole d'amore, presenze, odore di mare, sguardi ammirati, disponibilità, e un po' di diffidenza, acque rosa, tramonti mozzafiato e un sogno realizzato: bagnarsi nel mare splendido di Favignana. 

Adesso sì.
Adesso sì che posso restare ferma ad aspettare. Adesso che mi sento in pace, che mi basta guardarmi attorno per essere felice. Adesso so che quando alzerò il finestrino, prima di uscire per l'ultima volta da quest'auto grigia, guarderò il mio volto riflesso e sorridente, e proverò ad ignorare quel po' di malinconia che segna ogni saluto. Il viaggio continua.