sabato 31 gennaio 2015

145. SAPERE


Che cos'è la cultura?
Definizione reperibile sulla Treccani: "L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo."
Di qui il dubbio: se sia più colto l'individuo dotato di maggiori nozioni, o quello dotato di maggiore capacità di rielaborazione delle informazioni.
Il primo può sfoggiare il suo sapere in molte circostanze, ed il più delle volte risulta noioso, anche godendo di una stima intellettuale e di un timore reverenziale da parte degli altri interlocutori. Inoltre, da una prima conoscenza superficiale, appare più intelligente di quanto sia.
Il secondo, pur sapendo di non sapere, è in grado di capire molte dinamiche sociali e di intuire gli sviluppi di alcune scelte. Solitamente è più intelligente di quanto possa apparire durante un primo dialogo.
 Insomma, sembrerebbe che ciò che è in grado di trasformare le nozioni in cultura sia l'intelligenza. Questo 'insieme di cognizioni intellettuali'. Ecco, nella definizione di cui sopra, si attribuisce al 'personale e profondo ripensamento', quindi alle proprie innate qualità intellettive, la capacità di trasformare la 'semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo.' 
In considerazione di ciò, la cultura dovrebbe aiutare a migliorare i comportamenti dell'essere umano e portare ad uno sviluppo della nazione cui appartiene, a partire dall'aspetto socio-politico per arrivare a quello economico. Quello che ci frega è la presenza di numerosi dissuasori che offuscano l'intelligenza e ci portano ad essere inconsapevoli delle nostre azioni e del contesto in cui viviamo. Tutta questa premessa per supportare la mia teoria che riconduce al livello culturale ogni comportamento umano. Si possono possedere tre lauree ed altrettanti master, si può aver letto centinaia di libri, e riuscire ad essere molto meno colti di chi non ha lauree, ma dai libri che ha letto, dai viaggi e dalla vita, ha imparato a capire se stesso e gli altri e ad agire con cognizione di causa. La cultura dovrebbe aiutarci a vivere in armonia, a comprendere le diversità, non a cancellarle o 'tollerarle', perché la diversità è bella, è necessaria. La cultura ci aiuta a comprendere dei meccanismi che altrimenti non riusciremmo neanche a percepire,  come quelli che regolano l'elezione di un Presidente della Repubblica, ad esempio. Un paese ignorante conviene ai governanti che intendono trarre solo personali e biechi guadagni, che intendono legittimare le loro azioni immorali e distruttive. Non conviene a chi intende davvero agire nell'interesse collettivo, per un reale sviluppo del paese, perché ha bisogno della partecipazione del popolo. Per giudicare l'operato di un governo, quindi, bisogna osservare l'interesse che lo stesso mostra per la cultura. A partire dai finanziamenti alla scuola pubblica, dalla formazione dei docenti, per arrivare alla manutenzione dei beni storici e artistici, dei siti archeologici, passando per la creazione di spazi per la crescita sana dei bambini e degli adolescenti. Il gusto estetico è proprio di un popolo colto, la mancanza di rispetto per le opere d'arte, gli abusi edilizi brutti, e spesso anche pericolosi, sono degni di un popolo incolto. Non a caso, a Napoli, l'appellativo di 'ignorante' è riservato a chi si comporta in maniera stupida, ed è evidente che spesso le due cose coincidano: uno stupido può essere erudito, ma non colto; uno intelligente può essere colto, anche se poco erudito. Insomma, è meglio diffidare di quelli che si presumono perché si reputano più colti, e provare sempre a cercare la causa e l'effetto di certi comportamenti.

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