venerdì 30 maggio 2014

104. FINALMENTE LA SVEGLIA


La sveglia suonò come ogni mattina alle sei e trenta, Claudia ne fu contenta: finalmente era terminata la notte, poteva alzarsi da quel letto. Erano già tre ore che era sveglia, si era girata e rigirata più volte provando a riaddormentarsi, ma senza riuscirci. Quelle tre ore le erano sembrate interminabili, da quel letto avrebbe voluto scappare, quel letto dove oramai da dieci anni si coricava assieme a Paolo. Lo stesso letto che li aveva accolti giovani e innamorati, gioiosi e appassionati, e che adesso non li riconosceva più. Sembrava che il materasso li volesse obbligare a stare vicini, imponendo le consuete posizioni, sembrava che le lenzuola fossero divenute troppo strette e non consentissero di allontanarsi più di tanto l'uno dall'altra, in quel letto Claudia si sentiva trattenuta da una forza oscura ed opprimente. -Vado a fare il caffè- aveva detto a Paolo che ancora dormiva, lasciando la loro stanza. In realtà non è che Claudia sentisse di non amare più Paolo, ma da qualche giorno, anzi a dir meglio da qualche settimana, aveva nella mente degli strani pensieri, parole che non riusciva a dimenticare. Tutto era cominciato da quella sera in cui era andata, assieme a Paolo e ad altri amici, in un locale dove si suona, quelli che si è soliti chiamare disco pub. Il locale non era molto grande e il loro tavolo era abbastanza vicino al palchetto destinato ai musicisti, Claudia, come di consueto, aveva scelto un posto con le spalle al muro che le desse la possibilità di avere un'ampia panoramica sul locale ed i suoi clienti. Poco dopo il loro ingresso, i tre musicisti avevano cominciato ad esibirsi. Da prima Claudia non si era mostrata particolarmente attenta all'ascolto, continuava a parlare con i suoi amici, ma all'improvviso si era accorta che stava urlando, che per riuscire a farsi sentire, il tono della sua voce era molto, troppo forte. Così, nel momento in cui aveva realizzato la causa, si era girata verso il palchetto posizionato una decina di metri dal suo tavolo. Si era voltata quasi di scatto, come a volersi mostrare infastidita da quella musica finto jazz, aveva rivolto una breve occhiata ai musicisti ed era tornata a chiacchierare con Martina che sedeva alla sua destra, poi, come se solo in quel momento la sua mente avesse recepito quello che i suoi occhi avevano visto qualche minuto prima: l'inconsueta immagine del cantante, un uomo non più giovanissimo, doveva aver passato i quaranta da pochi anni, i capelli leggermente brizzolati, un abbigliamento semplice ed un'aria da uomo 'concreto'. Claudia definiva così gli uomini che non rientravano nei canoni tradizionali della bellezza e della moda, che non recitavano ruoli, che riuscivano ad apparire 'speciali' solo per questo, perché osservandoli, sembrava di poter capire che persone fossero. Insomma, quelli che ti danno l'idea di avere un carattere, una personalità tanto forte da non dover ubbidire ad alcuna regola, nè mostrare di essere bravo ad infrangerla. La seconda volta era rimasta come ipnotizzata, incantata. Si era risvegliata solo nel momento in cui lui si era girato e l'aveva guardata. Si era sentita in leggero imbarazzo, come un'adolescente che si trova all'improvviso da sola in una stanza con il ragazzo di cui è innamorata. -Che vergogna! Alla mia età mi lascio affascinare dal cantante di una band di sfigati!- Claudia pensava che tutti si fossero accorti della sua distrazione, della sua breve fuga dalla realtà, ed era rimasta quasi delusa quando Martina, come se niente fosse, le aveva chiesto del lavoro e delle abituali beghe tra colleghi. Ma chi se ne fregava del lavoro e dei colleghi! Chi se ne fregava di tutto il resto! Claudia avrebbe voluto trovare un pretesto per parlare di quell'uomo meraviglioso che aveva difronte, avrebbe voluto che la sua amica le avesse facilitato il compito, che le avesse chiesto chi stava guardando e perché. Invece niente, Martina le aveva chiesto del lavoro e lei, nel modo più veloce e distratto le aveva risposto, aggiungendo alla fine: -magari facessi la cantante di lavoro!- Paolo le si era avvicinato per darle un bacio, prima di allontanarsi con Marco per uscire a fumare, Claudia aveva porto la guancia quasi infastidita e l'aveva guardato dirigersi verso l'uscita del locale. Poi, era tornata a guardare il cantante, questa volta sfidando la sua timidezza, aveva ricambiato con gli occhi quell'invito a restare soli nella stanza. Adesso erano lì entrambi, fuori dal tempo e dallo spazio degli altri, erano soli, liberi di guardarsi come e quanto volevano. Che stava accadendo? Che palpitazioni! Più si guardavano e più si sentivano vicini, il respiro di entrambi si faceva più corto, Claudia si sentiva accaldata ed eccitata e lui si era dovuto allontanare dal microfono per non scambiarlo per qualcos'altro. 'Ma che cazzo state facendo!' La voce di Martina tuonò come l'ingresso improvviso della mamma nella stanza degli adolescenti. Claudia quasi era saltata sulla sedia e aveva cominciato a balbettare nel tentativo di giustificarsi: 'ma-ma che c che cre-di?' 'Che credo? Credo che al posto della sigaretta stiano fumando qualche altra cosa!' Aveva risposto Martina alzandosi dalla sedia per raggiungere Paolo e Marco. Claudia aveva tirato un gran respiro di sollievo. Aveva già immaginato le parole di rimprovero della sua amica: 'state scopando con gli occhi!'- Queste erano le parole che temeva, ma anche in quell'occasione Martina l'aveva delusa. Rimasta sola al tavolo, Claudia ne aveva approfittato per andare a buttarsi un po' d'acqua in faccia e vedere allo specchio l'espressione che aveva. Nel corridoio stretto che portava al bagno, c'era anche lui, il cantante, si erano sfiorati, le loro mani si erano toccate per qualche istante ed i loro respiri si erano confusi, avevano potuto annusarsi, ancora una volta, anche se solo per 10 secondi, erano rimasti soli nella stanza e stavolta lui aveva anche parlato: -tu, tu non sei possibile- All'uscita dal bagno aveva trovato Martina ad aspettarla: -Andiamo via Cla', comincia ad entrare gente che non mi piace e poi sono molto stanca.- -OK, andiamo- aveva risposto prontamente Claudia. E tutto era finito lì. Nella testa per giorni le erano rimbombate quelle semplici parole 'tu sei impossibile'. Cosa poteva voler dire? Che era assurda la situazione, che era tutto troppo bello per essere vero, o addirittura poteva voler dire che lei era stata troppo aggressiva ... Chi lo sa! Intanto quella notte, dopo quasi un mese dall'incontro, lei aveva ripensato a lui e lo aveva desiderato come non mai. Il pomeriggio aveva chiamato Martina perché aveva deciso di dirle tutto, di sputare il rospo, magari dopo sarebbe stata meglio, avrebbe razionalizzato gli eventi e la sua vita avrebbe ripreso a scorrere tranquilla. Martina era arrivata al bar due minuti dopo di lei, aveva uno strano sorriso e subito l'aveva afferrata per un braccio per trascinarla al primo tavolino libero. -Devo dirti una cosa- -Dimmi- le aveva detto con tono d'incoraggiamento Claudia- -Ecco, ti ricordi l'altra sera in quel pub? Quel locale dove suonava quella band di sfigati?- -S sì- disse timorosa Claudia, -Il cantante, lo hai visto? No, probabilmente non ti sei manco accorta che c'era un cantante, non era poi così eccentrico ... Insomma, il cantante durante la serata mi ha guardata più volte e quando mi sono alzata per uscire e raggiungere Marco fuori lui mi ha messo in mano un biglietto con il suo nome ed il suo numero. Per fartela breve, Cesare ed io, insomma, il cantante ed io ci frequentiamo da tre settimane e questa passione cresce sempre più- -Ho capito- -Cosa hai capito? Non credere che lui sia uno senza cuore, da una botta e via, lui ci tiene a me, credo che sia del sentimento da parte di entrambi- -Certo, sicuro- aggiunse mestamente Claudia. -E tu, cosa volevi dirmi tu? Scusami, ero così ansiosa di parlare di questa cosa che non ti ho dato spazio, tu come stai?- -Ecco, ecco io sto come una che è uscita da una stanza per cedere il posto ad una più scema di lei- Martina l'ha guardata senza capire e Claudia è scoppiata in una grande risata, con gli occhi velati di lacrime.

lunedì 26 maggio 2014

103. TORNO A DORMIRE

Mi sveglio, ma non vorrei, non è questo il giorno che sognavo, no, non è questo. Mi sono addormentata presto ieri sera, dopo una bella giornata trascorsa con la mia famiglia nella Villa Floridiana, una giornata di allegria, di amore, che non aveva nulla a che vedere con quello che il grande Erri de Luca descrive come 'il giorno prima della felicità'. Avrei dovuto capirlo subito che a quel giorno non sarebbe seguito un giorno migliore. Avrei dovuto capirlo dai sorrisi delle mie bambine, dalle loro corse libere e coraggiose sui prati trascurati di questa amata/odiata Italia. Avrei dovuto capirlo dall'interesse che mostravano i miei colleghi venerdì per la busta paga "apparsa" in anticipo nella nostra intranet ... che tempismo! Non è questa l'Italia che vorrei, non era questo il risveglio che immaginavo. Verso l'una stanotte mi sono svegliata, dovevo vedere i primi risultati elettorali, fremevo dalla curiosità, speravo che l'Italia potesse far valere la sua parte migliore, quella che ha voglia di cambiare, che vuole giustizia, equità. Credevo che gli italiani avessero finalmente capito che non deve esistere un paese in cui vanno avanti i pregiudicati, in cui il lavoro è un privilegio, in cui un voto lo compri con 80 Euro.  Invece no, la conferma che gli italiani sono un popolo di imbroglioni, di beoti e di ingenui. Sì, è la triste realtà. Sicuramente anche tra gli elettori di Renzi, ci sono persone per bene, ma forse troppo ingenue, timorose del nuovo, che hanno davvero creduto che Grillo potesse essere il nuovo dittatore. Ma che tristezza, che squallore! Un popolo senza più cultura, senza dignità, senza morale, tutti possono fare tutto, possono metterlo a quel servizio a tutti, basta farlo con parole da "buonista" e basta rispettare pochi semplici regole: 
  • sorridere sempre e comunque, non mostrarsi mai arrabbiati e dire di essere ottimisti;
  • raccontare di tanto in tanto qualche barzelletta idiota;
  • promettere di eliminare un'imposta (vedi IMU) o elemosinare 80 Euro;
  • promettere che nulla cambierà, perché il nuovo fa paura!

Ero così arrabbiata stanotte che non riuscivo a prender sonno. In Italia ti devono ammazzare il figlio per provocare una reazione, che forse può essere messa a tacere con pochi Euro. Per il resto, nulla conta più. Sono delusa, amareggiata, ma adesso il dubbio è certezza: in Italia non va avanti nulla se non ha il consenso della mafia e del suo popolo vile e disonesto. 
Quasi quasi torno a dormire, provo ad entrare in quel torpore in cui molti miei connazionali vivono, storditi da mille specchietti per le allodole, dai pettegolezzi su quattro prostitute di alto bordo, sui finti drammi, dalla volgarità dilagante, dalla fama di notorietà, dalla convinzione che la "cultura" è prerogativa solo di una certa sinistra che per troppo tempo ha manipolato l'opinione pubblica, traendo una marea di guadagni. La stessa sinistra che vede Eugenio Scalfari ordinare di votare Renzi, Michele Serra (altro schiavo di partito) dichiarare che Renzi sia il meglio. La sinistra di Frate Fazio, della Bignardi che afferma che "nessuno dovrebbe andare in galera", e di tutti quelli che hanno un mega stipendio assicurato dal loro ruolo di intellettuali, detentori unici della cultura e fautori di una giustizia che non punisce nessuno. La sincerità non paga, paga la furbizia e la forma, sempre.

sabato 24 maggio 2014

102. OINK OINK

Era il giorno del mio quattordicesimo compleanno, primo anno delle superiori, un po' di insicurezza tipica di quell'età, e tanta spensieratezza. Avevo deciso di non fare feste, ero entrata in quella scuola da appena due mesi ed avevo ancora poca confidenza con i miei nuovi compagni di classe. La mattina ero andata a scuola come sempre ed ero rientrata a casa contenta, nel pomeriggio avevo indossato un abbigliamento "comodo" da casa, i miei occhiali da miope e l'aria un po' goffa della quattordicenne in metamorfosi, aggiungo che all'epoca avevo appena cominciato a truccarmi e sulle palpebre mi restava un po' di ombretto azzurro della mattina. Verso le 19, mentre ascoltavo la radio, stesa sul mio amico letto, avevo sentito suonare il citofono, non mi ero alzata sapendo che in casa c'era tutto il resto della famiglia. Da lontano, la voce di mia madre dava indicazioni per raggiungere il nostro interno: sì, scala A, quarto piano. "Mah!" - pensavo - "saranno i consueti fiori del mio papà". Dopo poco la porta d'ingresso si apriva, un po' di confusione, come tanti bisbiglii, voci che si sovrapponevano, rumori sospetti, mi alzo per andare a curiosare, a piedi scalzi, i capelli un po' arruffati, la mise "comoda" ... e ODDIO! Mezza scuola aveva invaso il salone di casa mia! C'erano tutti i miei nuovi compagni, ed i due ragazzi più carini della scuola, che facevano riuscire tutte le feste ... Rimasi qualche secondo spaventata, avrei voluto essere in qualsiasi altro posto fuorché lì. Mentre avrei voluto morire, al centro dell'attenzione, mentre tutti urlavano "AUGURI!", io, incredula, scorgo di lato mia madre, fiera, che mi guardava contenta, soddisfatta del suo operato: era la prima VERA, RIUSCITISSIMA, FESTA A SORPRESA! Da quel giorno ho preferito feste per pochi intimi, organizzate da me (e solo da me) con svariate settimane di anticipo ... e mia madre ha acquistato il soprannome di "detective". Poco tempo dopo, le mie sorelle ed io avremmo scoperto che il detective segnava sul suo diario le date del ciclo di ciascuna di noi, per "monitorare" eventuali ritardi. 
Più tardi, ho realizzato che la vita è molto più ironica di quanto si creda. Ero al primo appuntamento con il ragazzo che mi piaceva e, un po' tesa, emozionata, ero salita in autobus con lui per raggiungere i posti più romantici della città. Quel ragazzo mi piaceva per vari motivi, ma soprattutto perché mi faceva ridere, e proprio mentre ridevo, incontenibile, indomabile e quantomai inopportuno, dalla mia gentile figura di ragazzina, si sprigiona un perfetto verso del porco!  Più avrei voluto fermarlo, più si ripresentava. Che rovina!
Altro insegnamento, che subito trasmetterò alle mie figlie, è quello ricevuto in un'allegra mattina di primavera, in gita con gli amici. Oramai più che ventenne, ero andata a fare una gita fuori porta con gli amici e, durante una corsa in un bosco, sono caduta, sbucciandomi il ginocchio, ma soprattutto, rompendomi in malo modo il jeans! Il dramma non fu disinfettare il ginocchio, e neanche perdere quel capo di abbigliamento che tanto amavo, la tragedia fu mostrare a tutti i presenti i peli cresciuti sulla mia gamba non depilata! Donne, ricordate di non lasciare mai un pelo sulle vostre gambe, anche in inverno ... 
Sono piccoli "particolari" che ricordo con grande simpatia, perché alla fine la festa dei miei quattordici anni fu molto bella ed io, dopo il primo crudele impatto, riuscii anche a divertirmi ed a sfoggiare i miei più bei sorrisi; il ragazzo con cui ridevo è rimasto innamorato di me per lungo tempo dopo quel primo appuntamento, ed i peli sulle gambe i miei amici manco se li ricordano ... del resto sono sempre una (ex) bionda :)

venerdì 16 maggio 2014

101. SE SIA MEGLIO RESTARE O ANDAR VIA

Qualche giorno fa ho pubblicato su FB il seguente post:


"Cose insospettabili che hanno contribuito a rovinare la cultura italiana: 'Sei grande grande' canzone del 1971 di Renis-Testa, portata al successo dalla venerata Mina, ha un testo davvero sconfortante. In pratica, accanto puoi avere l'uomo più egoista e prepotente, che la vuole sempre vinta, non regala mai un fiore, ma se scopa bene te lo tieni! Ma questa convinzione può essere valida nel mondo animale, la canzone può essere dedicata da una leonessa al suo leone, ma tra esseri umani è diverso ... Noi avremmo una coscienza che dovrebbe frenare l'istinto animalesco ..."

Di qui, le reazioni di uomini e donne, per la gran parte concorde con me, ma tutte riassumibili in due schieramenti contrapposti: pro e contro. Chi pensa che sia un invito ad apprezzare il bello di un rapporto che non appare sereno, ma che è vero, vivo, perché se ne frega delle convenzioni ed in pochi istanti ripaga giorni di litigi. Chi invece pensa che non bisogna adattarsi, che non bastano 'quei momenti' per cancellare il malessere di un rapporto che procura rabbia e delusioni. Alla fine non si sa, se dar ragione a Maria che sopporta un marito 'arrabbiato', talvolta anche traditore, in nome di un sentimento così alto e grande da poter andare oltre gli inganni della vita. Maria che ama,  lasciando il suo uomo libero di vivere come vuole, che non subisce passivamente, ma con atteggiamento fiero e maturo, lascia che sia sempre lui a sceglierla ogni volta, assiste saggiamente agli errori di un essere fragile, ma che non la cambierebbe per nulla al mondo! Del resto cosa è un tradimento, una distrazione di qualche ora, rispetto ad una vita intera? Che importanza possono avere uno, due, cento litigi, quando è solo lei quella che lo conosce per davvero? Cosa contano le grida ed i dispetti se poi lui solo con lei si sente libero di essere come è? Libero di urlare, di bestemmiare, ma anche di piangere e di amare!  Oppure ha ragione Anna che ha detto basta, che è scappata da una vita che non le piaceva, da un uomo che non le dava abbastanza. Anna che ha deciso di affrontare tutto da sola, con un figlio da crescere, ma senza subire un uomo egoista e troppo distratto. Anna che vuole essere felice e non si accontenta. Anna che crede che il vero amore non preveda tradimenti, non ammetta errori. Anna che non ce la fa a perdonare, che vuole rimettersi in gioco e sperare in una nuova opportunità. Anna che ne fa una questione di dignità. Chi ha più coraggio? Chi è la vincitrice? Maria o Anna? Maria potrebbe essere vista come quella che ha fatto la scelta 'di comodo', di Anna, lo stesso, perché anche se la sera a casa è sola con il figlio, non deve più sopportare le richieste ed i giudizi di un uomo dalle mille pretese. Non deve subire umiliazioni. Non deve più render conto a nessuno.
Io credo che abbiano vinto entrambe nel momento in cui hanno scelto, nel momento in cui hanno deciso di fare ciò che le faceva sentire meglio. È difficile affrontare una separazione, molto difficile, ma è arduo anche provare quotidianamente a rinnovare un rapporto, a sacrificare il proprio orgoglio in virtù della condivisione di un unico grande obiettivo: arrivare insieme al traguardo!


domenica 11 maggio 2014

100. MAMME

La festa della mamma ... Viva le mamme che amano con generosità, che aiutano i propri figli a divenire autonomi quanto prima. Viva le mamme che non usano i figli per colmare i vuoti di una vita troppo dura. Viva le mamme che continuano da sole un percorso cominciato in due.  Un abbraccio a quelle che, come me, hanno scelto di non far nascere un figlio, per preservarlo da una vita di sofferenze e di derisione, mamme che non si sono ritenute all'altezza, mamme che per troppo amore si sono macchiate di un peccato pesante e spesso soffocante. Viva le mie amiche Daniela,  Mina, Carla, Ileana, viva la mia amica Monica che ha lasciato al figlio la libertà di inseguire un sogno, anche se lontano centinaia di chilometri, lei che di sacrifici ne ha già fatti tanti! Viva Silvia e Katia, mamme meravigliose, contro ogni convenzione. Viva Carmela, Antonella, donne e mamme davvero speciali. Viva Claudia, Laura, Paola, Lilla, Tina, Elena, Ilaria, Lia, Pina, Daniela, Eliana, Chiara, Maria, Imma, Francesca. Viva anche le mamme che non hanno figli, a cui un destino bugiardo ha negato la realizzazione di un sogno, donne che sanno amare e crescere altre idee, altre creature ... E viva la mia mamma, i suoi insegnamenti ed il suo esempio di donna orgogliosa, buona e sincera, tanto buona e sincera da far spavento agli altri ed anche a se stessa, divenuta fragile, preda di mille paure ... una meravigliosa cacacazzo per le sue figlie! Quanto ti amiamo mamma, e quanto ci addolora vederti così! 
Viva le mamme, silenziose eroine di ogni giorno.

sabato 10 maggio 2014

99. UN ANNO DI NOI

BUON COMPLEANNO BLOG!


Semplicemente ... Auguri :)
Sonia

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«I condòmini fetenti non muoiono mai, muoiono sempre quelli buoni» Umberto Montella

Sono tutti vecchi. Non vedo che vecchi, dall'alba a notte fonda. Si va dai 65 anni in su. E i vecchi vivono in case vecchie. Tutto è vecchio ormai. I palazzi mostrano crepe, infiltrazioni d’acqua, pulita a volte, assai spesso sporca. Gli attici crollano sui piani bassi. Metafora di una società sandwich in cui gli strati superiori schiacciano gli inferiori. La pila tiene, uno strato è funzionale all'altro. I poveri servono ai ricchi per diventare sempre più ricchi, i ricchi servono ai poveri per sopravvivere ad uno stato volutamente inefficiente. Ma quella pila oscilla, barcolla, minaccia di cedere e crollare su un lato, travolgendo tutto, gli strati superiori e gli inferiori. Unisce l'alto e il basso, fa da collante in questo equilibrio precario la strafottenza e il cinismo. La città cade a pezzi. Provo a rammendarla. Ammaccato e cinico anche io. Donne ottantenni che vivono con madri centenarie. Studenti universitari cinquantenni. Le malattie, tumori che cadono come pioggia. Figli che si sposano, divorzi e corna. Licenziamenti. Di tutto divengo custode. I fratelli si odiano e si impoveriscono e si decompongono sui divani borghesi di Posillipo ma non rinunciano al pokerino del lunedì in cui si giocano i denari che non hanno più. Il guappo dei Quartieri ormai ha 80 anni. Non è più guappo, è la parodia del guappo. I condòmini mi pagano quello che possono. I condòmini ricchi mi pagano quello che vogliono. Spesso non pagano affatto. Ma mi invitano sempre a Galà di beneficenza. Fanno molta beneficenza i ricchi ma non pagano il condominio. E la città muore, si sgretola, le falle sono tappate da strati di cerone e le ferite non curate diventano purulente. Come sia davvero non lo si sa neanche più. Senza di me e i miei patemi, spesso i miei soldi, ormai dispersi nei bilanci dei condomìni, il crollo sarebbe già presente; invece resta un’ombra imminente, una caduta prossima. Un timore che sembra esistere solo nella mia mente, ignoto ai condòmini, troppo presi a non far funzionare la Tac dell'ospedale per far lavorare il loro centro privato intestato alla figlia o troppo impoveriti proprio dalle Tac private (visto che l'apparecchio dell'ospedale non funziona...) per accorgersi che l'ascensore cigola e che i solai scricchiolano sotto i loro piedi, ad ogni loro passo, che sia deciso e gagliardo o stanco e strascinato.
Giovanni Dimarzio

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Non c'e' niente di piu' elettrizzante dell' urlo del mio cuore.
E' improvviso, fulminante, devastante.
E' un tuono che si sprigiona da uno scrigno, ne frantuma le pareti e mi lacera la pelle,
lasciandomi come un' anima sciolta sul pavimento dell' amore.
Cosimo

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Ti senti libera di scegliere e di cambiare, ti senti libera di studiare ogni cambiamento, ti senti libera di provare a volare ed in ogni tormento ne uscira' un gioco da affrontare insieme alla vita...profonda compagna del tuo essere.
Laura

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Karateka x caso
Vi sarà sicuramente capitato di cedere alla tentazione di voler fare un affare e acquistare un pacchetto groupon. Di offerte ve ne sono delle + disparate, compreso fare un corso di 3 mesi di karate ad un prezzo stracciato. Beh, io ne ho colto l'occasione pur non sapendo nulla di arti marziali, lasciandomi travolgere dal fascino che da sempre esercita su di me' la cultura giapponese. Il karate nasce ad Okinawa. Oggi mi ritrovo dopo un anno dal fatidico affare ad indossare karategi e cintura gialla con fervente passione. In tanti conoscerete la figura del samurai e della geisha, ma in pochi quella del karateka cioè di colui che pratica il karate. Quest'ultimo inteso non solo come tecnica di combattimento fisico ma come lotta con se stessi, o come una maratona lunga tutta la vita che può essere vinta solo attraverso l'autodisciplina, il duro allenamento e i propri sforzi creativi. Il karate è via x migliorare il carattere: il praticante deve affrontare le asperità interiori con lo stesso vigore con cui intraprende l'esercizio fisico. Il karate è via di sincerità: solo nella verità l'uomo è libero , la pratica di questo principio rende consapevoli,
umili, giusti. Il karate è via x rafforzare la costanza dello spirito: questa regola si riferisce alla realizzazione dell'uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita. La disciplina, la costanza e la perseveranza sono alla base di ogni progresso.Il karate e' via di rispetto universale: senza cortesia viene meno il valore del karate che inizia con il saluto e finisce con il saluto. Cortesia e rispetto sono le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo + importante.
Quando salgo a piedi nudi sul tatami scevra delle mie cianfrusaglie e dei miei pensieri, pronta a sostenere lo sguardo di chi ho di fronte, ho la consapevolezza di stare ad affrontare i miei limiti e le mie paure. Mi fa star bene pensare che sto cercando di migliorare me ed il mio rapporto con gli altri. Buon karate a tutti.
Auguri di cuore!
Claudia

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VORREI                                             
Vorrei  che  ciò che ho provato per un tempo limitato potesse durare indefinitamente in modo da vivere in modo perpetuo quel la fonte inesauribile di fuoco e di passione che si chiama amore e che ti fa sognare di essere in un paradiso fatto di tanti arcobaleni. Vorrei  non scoprire ogni volta che ciò che avevo dubitato in un gesto,  in un’azione, in un pensiero gentile, in un’attenzione ..nascondesse un’altra  verità . Il dubbio  si materializzava e diventava un cristallo di ghiaccio mostrandomi  l’animo falso di chi mi aveva illuso.Vorrei  non avere quella sensazione di vergogna quando passando accanto alla miseria ed alla sfortuna  di miei simili ,il mio sguardo si abbassa  cosciente di mostrare un immagine di fortuna rispetto a chi vive nella sfortuna e cosciente di essere incapace nei fatti di non fare nulla per rendere la loro vita un po’ meno sfortunata.Vorrei  leggere di belle storie…di amicizie sincere..di  collaborazione e compassione , di gente che incrociandosi  si sorride dal profondo dell’animo , vorrei sempre incrociare uno sguardo che mostri interesse, che chiede amicizia e non leggere di incontri fatti di vincitori e vinti e di sconfitte senza possibilità di rivincità se non in un'altra dimensione; di sogni infranti da chi ha scelto di essere tuo nemico ed invece con un gesto di amicizia poteva dare un po’ di luce in più alla sua vita ed alla tua . D’un tratto ritorno alla realtà  e  mi accorgo che  avevo scritto di un mondo   che in quel momento non vedevo e non toccavo e che non era  nel presente, ma che era dentro di me.  I “ vorrei” sono  la mia anima e  fanno  di me quello che sono, quello che gli altri vedono e sentono, quello che nessuno potrà mai cambiare se non io stesso; sorrido…un po’ mi piaccio ; ma percepisco che  cammino sempre di fianco  ad  un'altra strada dove come in uno specchio vedo tante mie immagini ciascuna uguale a quelle con le quali mi confrontavo nel descrivere  i miei vorrei…. Posso essere il lato buono, ma anche il lato cattivo dei miei attori  e tutto dipende non solo da me ma anche da una qualità imponderabile della  vita: il caso. Ogni giorno abbiamo  la possibilità di scegliere il lato della strada che percorreremo, ma misteriosamente nessuno ha la sicurezza di conoscere quale sarà  fin quando non lo sta già percorrendo. Forse è questo il fascino che ha la vita: i vorrei  nascono , incontrano il caso ed insieme vedono materializzarsi di volta in volta  la strada da percorrere e se questa non ci piace ecco che nasce un nuovo “ vorrei” , si affaccia sul mondo e incontra l’imponderabile “ casualità” ed una nuova strada...come in un gioco…. Nei giochi si può perdere e si può vincere, ma c’è anche un allettante rovescio della medaglia….si può intendere il gioco anche solo come puro piacere ……piacere di vivere e piacere di giocare con qualcuno .                   
Ciao Nat

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Auguri mamma! Ti vogliamo bene.
Bianca e Simona