mercoledì 19 giugno 2013

31. CHI MI AMA MI SEGUA

Finora su questo blog ho parlato poco di me, l'ho fatto perché pensavo che a nessuno interessasse delle mie sensazioni, dei miei sbalzi di umore, pensavo che gli stati d'animo dovessero essere condivisi con gli amici davanti ad un bicchiere di vino, guardandosi negli occhi, non qui, dove si possono raccogliere facili quanto finti consensi. Ho cercato di riportare qui le mie opinioni in maniera vera, talvolta ironica, ma mai troppo individuale. E' vero, sono le mie opinioni, quindi è comunque un modo per parlare di me, per raccontarmi, ma oggi voglio usare questo spazio per fare un po' di terapia, di autoanalisi. Insomma, chi mi ama mi segua. Anzi, restate in poltrona, io mi stendo sul lettino.
Stasera sono rientrata a casa dal lavoro con un po' di tristezza, pensavo che non sono entusiasta del lavoro che faccio, che non sono entusiasta dell'ambiente in cui lavoro e che, fondamentalmente, non sono entusiasta di me! A guardarmi da fuori si direbbe che sono una persona felice: ho una bella famiglia, una bella casa, un lavoro a tempo indeterminato, amo chiacchierare con la gente, non solo virtualmente, e spesso sorrido. Se ci si sofferma un po' di più, si scopre che ogni tanto piango, che ogni tanto mi arrabbio, che sono un po' permalosa e che la mia famiglia non è poi tanto perfetta. Ho un marito meraviglioso, ma che spesso finisco per "sopportare", come probabilmente lui "sopporta" me. Ho due figlie per le quali darei la vita, anzi, ad essere sinceri, per le mie figlie e per mio marito, ho già dato la vita, ma non la mia. Ho sacrificato la vita della mia piccola Benedetta. Circa sette anni fa ho scoperto di avere in grembo una bambina down, una piccola, innocente bambina down. Da madre, non avrei mai voluto fare l'amniocentesi, i miei figli sono i miei figli, e non avrei mai rifiutato alcuno di essi, in ogni caso. Da moglie, ho dovuto ascoltare la richiesta di un uomo che si dichiarava troppo debole, troppo fragile per poter affrontare un paternità difficile, anomala. Da mamma della mia primogenita, mi sentivo in dovere di difenderla da tutto e da tutti, non avrei potuto imporle il "peso" di una sorella down, né avrei potuto limitare e condizionare tutta la sua vita, senza poterle garantire sempre il mio supporto, non essendo io immortale. Inoltre, il mio amore di mamma e la mia forza, non avrebbero mai potuto proteggere Benedetta da una vita di derisioni, di emarginazione. Insomma, mi sono immolata per tutti, ho deciso di sacrificare la vita mia e quella della mia bambina, per tutti, per la serenità di mio marito, della mia primogenita, per i miei suoceri conformisti ... Circa sette anni fa ho scelto di interrompere la gravidanza e di non far conoscere a Benedetta il mondo fuori dal grembo materno. A modo mio, l'ho protetta, le ho dato la parte migliore della vita ... Ho impressi nella mente i minuti dell'addio, il suo minuscolo corpicino che si allontanava, si separava per sempre da me ... le mie gambe strette forte, fortissimo, perché non volevo lasciarla andare ... Pianti disperati e poi la resa, lasciando che la tragedia si compisse. La disperazione del giorno dopo, quando mi sono abbandonata tra le braccia di mia madre, come non facevo da anni. I miei genitori, di cultura cattolica, non sono mai stati d'accordo, ma avevano accettato la mia scelta per rispetto e per amore. Ho dovuto sopportare per mesi lo sguardo di disapprovazione di mio padre, con grande, grandissimo dolore. Da allora, non vivo più bene, mi sento sempre colpevole, mi sento cattiva. Da allora, non ho più tanto amore nei confronti di mio marito, penso che se avessi avuto un altro uomo accanto, non sarei stata messa nella condizione di dover scegliere, avrei accettato quella bambina e l'avrei accolta tra le mie braccia. Da allora, non amo più tanto me stessa. Ho provato a perdonarmi più volte, ma poi finisco sempre per punirmi in qualche modo balordo ... Adesso, lo sto facendo ammettendo in pubblica piazza la mia colpa, il mio dolore. Penso spesso a Benedetta come al mio angelo protettore, penso che le sue sorelle un giorno potranno conoscerla, penso che da lassù lei mi guarda con un po' di rabbia, ma in fondo mi ha perdonata, perché è migliore di me.
Ogni giorno, ogni momento che tutto mi sembrerà perduto, penserò a lei, ed allora proverò ancora una volta a riprendermi ed a sorridere, perché il sacrificio non sia stato vano.

6 commenti:

  1. Benedetta è vostra figlia e l'avete protetta. Lei lo sa, dici bene, perché, è migliore di te, di lui, di me e di molti di noi adulti, che quando siamo chiamati dalla vita a fare certe scelte così devastanti, non lo siamo mai abbastanza...e
    dobbiamo affrontarne le conseguenze, portarne dentro, addosso, dietro (o avanti che è peggio!) il peso perché, per amore, cultura e senso di responsabilità, le considereremo sempre sbagliate, solo perché le abbiamo fatte, non perché lo fossero.
    Hai avuto tanto coraggio, ieri ed oggi, molto di più di quanto non ti sarebbe bastato per proteggere lei e tutti voi dalla vita e lei che fa parte della vostra famiglia, proprio come ognuno di voi, non avrebbe voluto far soffrire nessuno altro (tantomeno chi ama così tanto) a causa sua, è per questo che nel suo infinito amore Benedetta ti ha sussurrato di voler lasciare il passo a chi ce l'ha più svelto, perché la sua forza possa vivere nei vostri sorrisi tutte le volte che, andrete avanti... e che, voltandovi indietro, la troverete.
    Con infinita stima, affetto e rispetto G.

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  2. E' una parte di te che si stacca, ti viene strappata via vivendo in pieno la sensazione, perchè c'è a casa un altro bimbo che ti aspetta, che non sa e tu non puoi permetterti il lusso dell'anestesia totale, dei tempi di recupero, ma devi farlo nell'arco di una festa, così da riuscire ad andarlo a riprendere in tempo. 28 aprile 2006: una data che non posso dimenticare e un uomo accanto a me che da quel giorno è quasi un estraneo...Ti stimo moltissimo e lo dico sinceramente.MG

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  3. mariavittoria spero che il parto del dolore infinito che ti porti dentro e che hai fatto con questa coraggiosa e generosa apertura di cuore significhi che sei pronta a lasciarlo un pò andare...purtroppo non conosco la maternità nè nella possibilità nè nel rifiuto, ma anche senza saperlo ho sempre sentito che un incontro tra due anime in un passaggio terreno non sia un'occasione unica, ma si inserisce in un percorso e in un senso più ampi che non conosciamo, dove esiste la possibilità anche di riparare gli errori o gli appuntamenti mancati. sono convinta che benedetta ti guardi con amore e indulgenza non perchè è miglire di te, ma perchè da dove si trova vede e comprende più di noi. credo che sia arrivato anche per te il momento di perdonarti, perdonare tuo marito e poter donare alle bambine un amore un pò libero da tanto dolore.

    ti abbraccio forte
    laura

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  4. Premetto una frase che dovrebbe essere sempre tenuta presente nell'ascoltare i consigli o i pareri , è presa da bocca di rosa di De Andrè : " Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio"; questo vale anche per me che sto scrivendo in questo momento !
    la tua scelta fatta rientrava tra quelle difficilissime..toste.. da fare; per esperienze riportate da amici e conoscenti che hanno optato per il proseguio della vita dell'essere.. la loro vita è diventata pesantissima e solo una grossa pazienza e forza interna li fa andare avanti. Una scelta condivisa tra i partner per la vita del nascituro è comunque un viaggio nella difficoltà..spesso anche aggravato dalle condizioni sociali e logistiche che non aiutano chi opta tali scelte. Una scelta condivisa da uno solo dei partner per la vita del nascituro deve essere intrapresa solo se si ha l'assoluta fermezza a portare avanti il viaggio verso l'ignoto e la difficoltà..anche da solo !!
    Leggendo poi la tua prima parte di opinione ci vedo un'immagine di ordinaria realtà che ascolto ovunque e che fa parte anche di me ; spesso non ci capacitiamo che quella è la vita...in genere..quello è il lavoro , quella è la famiglia...quello è... etc etc. Ci sono anche modi diversi di vivere: cambiare ! Ma lo vogliamo ? ne siamo capaci ? lasciare il certo per l'incerto ? Per quanto mi riguarda...IO NO: mi ci vogliono le spinte per cambiare ! Quando debbo cambiare, diventa spesso un equazione matematica che ha troppe incognite e che non si può risolvere se non scegliendo a piacere qualche incognita...è comm'è difficile !
    Gli stati d'animo ? le opinioni con gli amici ? l'interesse verso di te verso di me di amici ? A complemento della frase di bocca di rosa...ho capito nella vita che i veri confidenti ..forse e dico forse, non superano come numero le dita di una mano; gli altri tutti gli altri ? Amici compresi? semplici persone, anche cari conoscenti con i quali si sta bene una sera insieme, un giorno in spiaggia etc
    ma ai quali non devi rompere troppo le balle...altrimenti , e te ne accorgi nel tempo, rischi anche di non vederli per un pò di tempo..e tu stai a chiederti " Come mai ? " ; rispondo con una battuta " sentirsi Gesù nel tempio è gratificante, va bene per una volta...due...ma poi....poi...essere veramente Gesù nel tempio è da pochi !"
    Forse la cosa migliore nella vita di fronte ad una scelta è si ascoltare, chiedere..ma poi... scegliere ! ed anche se ci si rende conto in seguito, forse , di aver sbagliato, non crearsi problemi: si è scelto in base al proprio animo e volere e sicuramente era il meglio che potevamo fare in quel momento.
    Non so se si sia capito il senso di quanto scritto..è difficile esprimere a volte le sensazioni ed i pensieri interni...si è travisati.
    Rispondo come " Anonimo " perchè da questo pc non mi è permesso l'account google " natsilv"
    Ciao natale

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  5. è questo che vogliamo leggere...vita vera...la tua...così con il coraggio vivrai questo blog pienamente...sono certo che dopo aver scritto questo post ti sei sentita un po più nuda ma anche meno sola...davvero...molto bello leggere la tua vita...continua così...

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  6. Il dolore deve essere vissuto, raccontato, condiviso, consumato, è solo così che impariamo a conviverci. Sto cercando di metabolizzare, di accettare la mia scelta, di accettarmi. Il 31 luglio del 2006 ho attraversato un pezzo della mia vita come se fossi stata in uno stato di incoscienza. Ero un corpo vuoto che vagava per i corridoi del quinto piano della clinica ginecologica del II Policlinico, eseguivo tutto ciò che mi veniva detto di fare, stringevo la mano ad una giovane infermiera, ancora sensibile al dolore. Il mio ginecologo mi aveva accompagnata per mano la mattina, lasciando mio marito ed i miei genitori fuori la stanza dell'addio, poi era dovuto andar via ... Assieme ad altre povere donne disgraziate come me, ho affrontato tutto l'iter, poi, velocemente, si è consumato il dramma. Al risveglio, l'ostetrica di turno è venuta a visitarmi con una espressione infastidita, accusatoria, poi ha squallidamente aggiunto: ha chiamato il suo ginecologo, si è preoccupato che l'avessimo trattata bene, che fossimo stati delicati con lei, che lei è una persona molto sensibile ... beh, deve tenerci davvero tanto il suo ginecologo a lei ... Quella donna triste e gelida voleva insinuare che tra me ed il mio dottore ci fosse un'intesa particolare ... ma come si permetteva, la bestia, di parlarmi così? Io stavo male e lei pensava alle tresche? Ma chi ce l'aveva mandata? Quello è stato l'inizio del risveglio ... Grazie per gli abbracci virtuali, mi hanno fatto molto bene ...

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